Ignazio di Antiochia così scrive in una delle sue Lettere nel viaggio che da Gerusalemme lo porta a Roma per essere dato ‘ad bestias’:“E’ vicino il momento della mia nascita..non c’è più in me fiamma alcuna per la materia, ma un’acqua viva che mormora .‘vieni al Padre’. Non mi diletto di un cibo corruttibile, voglio per bevanda il suo sangue,.carità incorruttibile’. Il martirio, testimonianza in greco, rappresentava per i cristiani più docili, l’aspirazione suprema perché consentiva non solo la perfetta imitazione del Maestro, ma anche l’ingresso nella pienezza della vita. In questo senso Ignazio, il “portatore di Dio”, come lui stesso amava definirsi, fu uno dei più importanti testimoni della Chiesa delle origini.